L’estetica in pasticceria: l’esperienza di Alessandro Servida.
Attuale, celebrato, discusso: il tema dell'estetica nel mondo della pasticceria professionale è divenuto sempre più protagonista negli ultimi anni, da quando una nuova dimensione mediatica e nuove generazioni di consumatori hanno costretto l\'intera categoria a rivedere parte del proprio lavoro in funzione delle tendenze di mercato.
Cosa si intende davvero per "bello" in pasticceria? Porre attenzione all\'estetica significa lavorare a discapito della qualità? Come si integra nelle tradizionali attività di laboratorio?
Ne abbiamo parlato con Alessandro Servida, volto noto della pasticceria nazionale e membro dell\'Accademia Maestri Pasticceri Italiani.
L’estetica in pasticceria: semplice tendenza o vera e propria innovazione?
L’estetica in pasticceria oggi non è solo vicina al concetto di innovazione ma è qualcosa di più: è il futuro. Oggi tutto è veloce, in rapida evoluzione, tutto gira sui social network e quindi delegare qualcosa di eccellente a qualcosa di bello è una vera e propria esigenza. Qualcosa che deve far parte del mondo della pasticceria in generale.
Dobbiamo cercare di dare cose eccellenti ma che siano anche appetibili sotto l’aspetto visivo. I consumatori devono essere colpiti da quello che vedono, incuriositi, ma ovviamente non devono essere delusi, poi, quando mangiano il prodotto.
Come si spiega agli artigiani di lungo corso e alle attività a conduzione familiare, dove la qualità è frutto di tanta esperienza e rituali sacri in laboratorio, che agli sforzi per servire “il buono” oggi devono affiancarsi anche quelli per servire “il bello”?
Innanzitutto non spaventandoli. Bisogna spiegare loro che fare qualcosa di bello esteticamente non vuol dire necessariamente stravolgere quella che è la ricetta originale. Anzi. Secondo me il gioco sta nell’offrire un prodotto che è quello che proponiamo da anni, quindi testato e che piace, dandogli però una veste diversa, un look nuovo.
È importante offrire un qualcosa che, oltre che buono, sia anche piacevole da vedere. Penso che dare questo messaggio ai pasticceri spaventi meno rispetto all’idea che un nuovo look significhi stravolgere la loro ricetta originale e i concetti che da anni questa porta con sé. Questo vale soprattutto per le pasticcerie di vecchio stampo (lo dico per esperienza essendo figlio di un pasticcere di quella generazione). Si è intimoriti quando c’è un cambiamento, ma non necessariamente cambiare significa stravolgere. Anzi. Bisogna migliorare la preparazione di un prodotto, renderla più veloce e, soprattutto, rendere il prodotto più accattivante.
Nello specifico, qual è il significato dell’estetica in pasticceria? Quali caratteristiche artistiche o funzionali deve possedere secondo te una bella realizzazione?
Partiamo dal presupposto che il prodotto finale debba essere buono e, soprattutto, facilmente riproducibile. Per capirci: non pensiamo ad una realizzazione che richieda mezza giornata per un decorazione perché risulterebbe antieconomica per noi stessi dati i costi della manodopera ed i tempi di produzione.
Bisognerebbe fare un prodotto facilmente realizzabile, pulito nelle linee, non pasticciato insomma. Il segreto sta tutto lì: nel trovare qualcosa di bello, pulito, lineare, ma comunque facilmente riproducibile. Non un qualcosa da concorso insomma.
Tema caldo tra le nuove generazioni di professionisti è la reinterpretazione dei classici della tradizione pasticcera italiana secondo gli attuali canoni estetici.
Credi sia un’opportunità o un azzardo? C’è il rischio di snaturare l’identità di realizzazioni radicate nella cultura dei consumatori?
Dipende da come viene interpretata la cosa. Diventa un azzardo nel momento in cui si esagera. Come per tutte le cose esasperate il cambiamento rischia di rovinare quello che è strato costruito. Se invece si rispettano i giusti canoni il cambiamento è un qualcosa che può avere un futuro e rendere i nostri dolci al passo con i tempi, ma senza esagerare.
Lo dico per esperienza diretta. In un programma TV faccio il cambio look dei dolci: prendo dei dolci tradizionali e li reinterpreto a mio modo, ma senza stravolgerli. Li presento sotto forme diverse: per esempio presento le creme che compongono quel dolce in maniera un po’ più contemporanea e vicina alle esigenze del mercato, ma non le stravolgo.
Secondo me il segreto è questo, ed è più semplice di quello che si possa pensare, perché quando le cose vengono esasperate diventano inevitabilmente complicate. In sostanza no all’esasperazione!
La tua pasticceria è stata insignita nel 2015 da Gambero Rosso con il premio “Miglior Packaging”. La confezione oggi ha assunto un nuovo significato: non è più solo funzionale, è parte integrante del servizio, è estetica e comunicazione dell’attività.
Quanto pesa nell’esperienza offerta? Crea davvero nuove opportunità di vendita in negozio e di fidelizzazione dei clienti?
La confezione conta tanto. Per me andare in pasticceria è regalarsi delle emozioni. Nel momento in cui vado a prendere un dolce è perché voglio premiarmi, non è come comprare il pane. Quando mi reco in negozio voglio uscirne con qualcosa che abbia attirato la mia attenzione, che sia buona e messa in una confezione degna di quello che ho comprato, perché mi premia e mi rallegra. Per noi artigiani questo è un modo per distinguersi dalla massa e dalla grande distribuzione.
Oggi trovi la pasticceria ovunque: nei supermercati, nei panifici e molto altro. Noi pasticceri dobbiamo dare qualcosa in più e dobbiamo farlo anche presentando i nostri prodotti in un packaging particolare, che possa attirare l’attenzione dei nostri clienti. È un po’ il concetto del regalo e, come tale il dolce deve essere presentato in un certo modo.
Pensiamo per esempio ai biscotti: nel mio negozio ho dei cilindri trasparenti in PVC che riempio con vari tipi di biscotti, ed è un elemento forte per il business del mio punto vendita. Li espongo in fronte cassa o sui mobili e, così presentati, hanno un appeal diverso rispetto al classico sacchetto. È un vero e proprio business su cui io per primo lavoro tanto.
Oltre 25 anni di esperienza ti hanno permesso di conoscere i comportamenti e le preferenze dei consumatori di ieri e di oggi.
Come immagini i consumatori di domani? Quali abitudini stai già riscontrando nelle nuove generazioni?
Innanzitutto i consumatori di oggi sono molto più attenti perché hanno accesso a molte più informazioni grazie ad internet. Basta impugnare un telefono e possiamo avere subito tutte le informazioni che cerchiamo. La TV poi, specie negli ultimi due anni, ha messo in risalto ancora di più l’arte della pasticceria.
La gente sa cosa vuole, comincia a distinguere quello che è buono e quello che lo è meno e, andando avanti, avremo sempre di più una clientela attenta. Noi pasticceri, dal nostro canto, dobbiamo essere sempre più attenti a proporre prodotti all’altezza delle aspettative, senza mai deludere i clienti e continuare ad innovarci senza esagerare.
In definitiva le generazioni future sono sempre più sensibili alla tendenze e soprattutto alla qualità.
In questo contesto di grande consapevolezza da parte del singolo consumatore, il classico “passaparola” che fine fa?
Attualmente, grazie all’uso dei social network e dei servizi dedicati (vedi Tripadvisor), le opinioni degli utenti hanno una grande influenza. Tu che ne pensi?
Io credo ancora molto al passaparola vecchio stile, non mediatico, quello di una volta insomma. Penso sia una delle armi che funziona di più. È una forma di pubblicità spontanea: chi viene si trova bene e lo comunica ad altri, soprattutto quando si tratta di ricorrenze o feste private in cui gli invitati sono tanti.
Per quanto riguarda le app e le recensioni sul web, invece, sono molto dubbioso. Spesso basta un’interpretazione distorta da parte di un cliente per ricevere una recensione negativa su qualcosa che invece negativo non è. In generale sono molto diffidente ma anche i consumatori se ne stanno accorgendo e iniziano a dare il giusto peso all’influenza che il passaparola sul web deve avere in funzione delle loro scelte.